Hunger Games a ritroso nel tempo

Hunger Games è una saga cinematografica che ha incassato centinaia di milioni di dollari in tutto il mondo diventando prima un fenomeno di massa e poi un cult del cinema. Ma prima di diventare film, Hunger Games è stato un libro. Incredibile, vero?

Oggi parleremo delle origini degli Hunger Games e scopriremo cosa lega Katniss Everdeen, il Giappone, la guerra fra emittenti televisive rivali, Stephen King, il Colosseo, e un funerale etrusco. Chi ha detto ‘una ceppa’? 

Siamo nel 2012. Nei cinema esce Hunger Games, la storia di una ragazza costretta a sopravvivere in un’arena dove l’unica legge è quella del più forte. Ventiquattro ragazzi entrano, uno solo ne esce. Il film segue la battaglia personale di una ragazza dal giorno in cui viene scelta al giorno in cui riesce ad uscire viva dagli Hunger Games. Il nome di quella ragazza è Katniss Everdeen. I ragazzi entrano nell’arena disarmati ma ad attenderli vi è una catasta di armi e provviste. Dal momento che l’ingresso dei ventiquattro ragazzi avviene contemporaneamente, molti vengono uccisi durante la lotta per ottenere le armi migliori. Inoltre l’arena presenta trappole di vario genere, di cui molte mortali, per rendere più avvincente il gioco.

Ma facciamo un passo indietro. Oggi è il 14 settembre 2008 e la casa editrice statunitense Scholastic pubblica un romanzo di Suzanne Collins, il primo di una trilogia. La saga in questione è la Hunger Games Trilogy. La storia, ambientata in un futuro distopico post-apocalittico, narra le gesta di una ragazza che sfida le regole imposte dal governo totalitario e che diventerà simbolo della rivolta. La sua ribellione nasce dalla vittoria degli Hunger Games, giochi mortali imposti da Capitol City ai dodici Distretti, sconfitti e sottomessi anni prima dopo una lunga guerra. Questi giochi altro non sono che il mezzo attraverso cui Capitol City ribadisce la propria superiorità ai Distretti, trasmettendo il programma in tutte le regioni e obbligando gli uomini dei vari Distretti a seguire le morti dei propri figli e amici in diretta.

Ma facciamo un passo indietro. Voliamo fino in Giappone nell’anno 1999. Il ventisettenne Koushun Takami pubblica un romanzo che scrisse nel 1996 ma che non vide la luce prima del 1999. Il successo del romanzo è tale che in meno di un anno dalla sua prima edizione ne verrà tratto un adattamento manga e un film. Il titolo del romanzo? Battle Royale. Il romanzo è ambientato in un futuro prossimo distopico nel quale in Giappone si è instaurato un governo totalitario repressivo che controlla la popolazione tramite il terrore. Il Programma, un programma televisivo che il governo obbliga ogni cittadino a seguire, consiste in un gioco mortale dove una classe di studenti presa casualmente viene portata in un luogo ristretto (un’arena che può essere un’isola o un quartiere dal perimetro recintato) e gli studenti costretti ad uccidersi l’un l’altro. Ad ogni studente viene dato uno zaino contenente un’arma casuale (che può essere una pistola, un fucile, una mazza da baseball, un tirapugni…) e vengono fatti uscire uno ogni cinque minuti. Per spronare gli studenti al combattimento, ad ognuno viene posto un collare esplosivo: è necessario che qualcuno muoia ogni ventiquattro ore, altrimenti i collari detoneranno. Il significato del programma è ovviamente che il governo ha il potere su chiunque visto che i ragazzi vengono scelti indistintamente fra i figli di contadini, banchieri, nobili e ufficiali del governo stesso.

Ma facciamo un passo indietro. Torniamo negli USA degli anni ’80. La NWA (Nation Wrestling Alliance) è leader indiscussa degli eventi pay-per-view, e domina incontrastata nel panorama degli incontri-spettacolo del wrestling. Tuttavia c’è aria di sfida e molte nuove federazioni nascono in questi periodo come WCW e WWE, all’epoca WWF, e sfidano apertamente il colosso NWA. Iniziano le battaglie per gli ascolti a suon di novità ed esclusive, pubblicità e gadget. Tra gli eventi e i tipi differenti di incontro quello che spicca maggiormente è la Battle Royal. Questo match prevede che venti o più wrestler entrino sul ring a distanza di un minuto l’uno dall’altro (ma il tempo e il numero di lottatori varia a seconda dell’evento) in un incontro tutti contro tutti a eliminazione diretta. In breve questo tipo di incontro diventa il più popolare e il più seguito della televisione con i fan che sostengono il proprio campione e vengono piazzate scommesse su chi sarà il vincitore.

Ma facciamo un passo indietro. Siamo ancora nell’America degli anni ’80. Un giovane scrittore, Richard Bachman, pubblica un romanzo di fantascienza intitolato L’uomo in fugaThe Running Man nell’originale inglese. La storia è ambientata un futuro distopico dove un governo dittatoriale impone che ogni famiglia abbia in casa una tri-vu, un televisore tridimensionale, tramite la quale controlla la popolazione. In tri-vu vengono trasmessi giochi violenti dove i concorrenti spesso vengono uccisi e la loro morte derisa. Il protagonista, Ben Richards, decide di partecipare ad uno di questi programmi diventando un ricercato, in fuga dai mercenari incaricati di ucciderlo e dai civili che si uniscono alla caccia. Pochi tuttavia sanno che questo scrittore visionario, che anticipò di quasi due decadi il tema degli spettacoli mortali trasmessi in TV utilizzati dai governi come mezzo di controllo delle masse, utilizzò un nome fittizio per la pubblicazione del romanzo. Il suo vero nome era infatti Stephen King.

Ma facciamo un passo indietro. Roma, II secolo d.C. Il Colosseo, o Anfiteatro Flavio, è gremito di spettatori intenti a guardare i gladiatori combattere l’uno contro l’altro. L’evento più atteso è senza dubbio lo scontro tutti contro tutti dove decine di gladiatori vengono fatti entrare nell’arena e combattono all’ultimo sangue per decidere chi verrà proclamato campione indiscusso. Si tratta di un evento molto violento dove la morte è la regola più che l’eccezione. Gli imperatori romani ben sanno dell’influenza che questi spettacoli esercitano sul pubblico e non perdono l’opportunità di tenere occupati i cittadini e distrarli dai problemi che affliggono il regno. Panem et circenses è infatti il modo migliore con controllare un popolo: cibo e divertimento. E questo gli imperatori danno ai sudditi.

Ma facciamo un passo indietro. Siamo a Tarquinia nel VI secolo a.C. Siamo al funerale di Porsenna e assistiamo, come tanti altri spettatori, alla lotta di due schiavi. Combattono all’ultimo sangue con in pugno spade affilate. La loro non è una semplice rissa ma un gioco mortale in onore del defunto re, un gioco rituale che fa parte della tradizione etrusca. Un rituale che secoli dopo diverrà uno spettacolo.

Ma cosa vuole dirci Arcano con questo viaggio nel tempo? Che la storia si ripete? Che tutto ciò che accade è collegato da un filo invisibile? Che non esiste l’originalità ma solo la copia della copia della copia? Che Arcano sta delirando e parla di argomenti a vanvera senza un nesso? Che siccome non sa come chiudere il discorso mi fa fare domande senza dare neanche una risposta? Ma forse la verità non la sapremo mai. Un abbraccio, Adam.

[Ringraziamo Carlo Lucarelli per essersi prestato all’articolo sconclusionato. Comunque potevi anche lasciare un alone di mistero senza darmi del rimbambito, sai? Così mi fai scappare i follower.]

8 pensieri su “Hunger Games a ritroso nel tempo

    • Vai, leggi tutto quello che vuoi, il mio blog è a tua disposizione!

      Solo non andare a ripescare roba troppo vecchia ché è scritta in modo vergognoso. XD

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